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La sindrome del "ho fatto poco" e le distanze lunghe

  • Enrico Roncada (Allievo Istruttore FITRI)
  • 23 mar 2017
  • Tempo di lettura: 3 min

La sindrome del “non ho fatto abbastanza”, “oggi ho fatto solo 8 Km”, “oggi non andavo ma mi sono sforzato e ce l’ho fatta”

Facciamo chiarezza:

Intanto distinguiamo chi fa sport per stare in forma e non ha veramente nessuna “velleità agonistica” per cui non pronuncerà o non dovrebbe mai pronunciare questa frase da chi invece dallo sport chiede il “pacchetto intero” ( linea, salute, performance, etc…)

Per meglio capirci ecco un post classico:

“Oggi senza voglia e senza forza... in un'ora solo 1500 mt... che brutta giornata!!”

Intravedo già due “idiosincrasie” (che bel termine come suona bene :-)”

  1. Focalizzare solo la quantità può mettere a posto la coscienza ma se non lo si fa come si deve non serve a NULLA! Che sia definitivamente chiaro. Esempio fare 30/50/200 vasche (da 50mt) o correre 15km in 2 ore potrebbe servire SOLO ad abituarci meccanicamente, fare un po’ di fiato e bruciare qualche caloria in più, facendo per altro aumentare appetito e facendoci riprendere con il tempo i kg persi quando abbiamo iniziato e ci sembrava tutto facile… “Non capisco? Corro di più e non perdo più peso, anzi, ha ricominciato a salire” (ne parleremo in un altro momento).

  2. Non si tiene conto di un aspetto importantissimo, il mesociclo (questo sconosciuto): il nostro corpo non è uguale tutti i giorni, tantomeno nei diversi periodi dell’anno e non è soggetto solo al recupero dell’allenamento precedente ma, in un certo senso, a tutti gli allenamenti precedenti. E come se vi fossero due supercompensazioni, una a breve termine (giornate) e una a medio termine ( 2/4 mesi di solito). In realtà sono tre, la terza è grossomodo annua ma gioca un ruolo meno fondamentale per quanto riguarda questa questione.

La morale qual è?

Fare il meno possibile il meglio possibile, e per fare “bene” le solite due strade: o si conosce bene la materia o ci si affida ad un esperto (vero), non a “Mio cuggino” :-) o “alla scheda” scaricata da internet (ovviamente fatta per un altro probabilmente totalmente diverso da noi a partire dal sesso” o mettendo assieme cose “sentito dire” al bar o ancor peggio su facebook :-).

Esempio concreto:

Lucia Effe, personal best migliorato di 3" e poi con "indicazione sul momento" di altri 2" sui 100 metri SL e 10" sui 200. Perché quello che conta è migliorare. Risultato di una esercitazione fortemente mirata. Lucia inizia a nuotare due anni e mezzo fa con il timore di non riuscire a finire una vasca da 50 (che finiva poi a rana) e senza di fatto saper nuotare a stile libero. Va precisato che ha il rachide completamente bloccato per cui difficoltà ad assumere determinate posture sopratutto per quanto riguarda l'assetto orizzontale (gambe) e peso specifico delle stesse negativo (raro per una donna) tanto per non complicare il quadro. Da allora il primo passo è stato concludere la vasca e quindi riuscire a nuotare ininterrottamente. Il tempo era 3'/100m. Finita questa fase di assestamento a suon di esercizi di tecnica, osservazione e confronto sui tempi siamo arrivati oggi a 2'11" sui 100m (personal best sui 100m) e 4'50'" sui 200m, (personal best 2'25"/100m) 38'30" sui 1500m (personal best 2'34"/100m). L'impegno è stato di circa 2 sedute a settimana con chilometraggio molto limitato 1000/1500m; hanno pagato molto la costanza, l'impegno e l’intensità. Personalmente credo che contino solo i fatti e che l'importante non sia il tempo in sè (valore assoluto) ma il miglioramento (valore relativo).

Quantità non è qualità.

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